mercoledì 5 ottobre 2016

Lo scarabocchio visto attraverso l'ottica clinica

Questo post rappresenta il seguito del post n° 6, in esso descriverò la valutazione degli scarabocchi sotto un’altra prospettiva denominata “CLINICA”.
Essa è un modo di vedere gli scarabocchi dal lato umano ed emotivo vedendo nel disegno un modo del fanciullo di esprimere le proprie emozioni e anche i propri problemi.
La “traduzione” dello scarabocchio va fatta osservando la tipologia di linee, il modo di usare il foglio e il dove viene eseguito lo scarabocchio rispetto al foglio.
Lo studio dello scarabocchio come modo di espressione personale risale agli anni ’20 con Minna Becker, che lo equiparò alla scrittura usando la grafologia, proseguendo con T. Schimdl-Waener (1942) che definì i disegni, costituiti da linee spezzate, corte come un ‘espressione di un carattere aggressivo invece le linee tondeggianti fanno parte di un temperamento dolce e conciliante.
Uno studio completo ed approfondito riguardante la correlazione temperamento - disegno fu condotto da Rose Alschuer e Berta Weiss Hattwick anche loro conclusero, che il disegno di rette e angoli come il risultato di un carattere che manifesta aggressività e tendenza a imporsi sugli altri e al contrario le linee rotondeggianti presuppongono sensibilità e un bisogno di essere incoraggiati e approvati dagli adulti.
Per quanto riguarda l’utilizzo del foglio, le due studiose americane ritengono che utilizzare la parte superiore indichi una tendenza all’auto - affermazione mentre l’uso di quello inferiore un individuo “solidamente radicato ”.
In successione a questi studi troviamo quelli condotti a meta degli anni ’60 da Louis Corman il quale divide lo scarabocchio in:
-“ PRE - SCARABOCCHIO”: quando il bambino è molto piccolo e non ha controllo motorio e i movimenti sono poco ampi.
-“SCARABOCCHIO VERO E PROPRIO”: il quale è contraddistinto dal controllo vero e proprio sui movimenti unito a una volontà di imprimere un segno sul foglio.
Per Corman gli scarabocchi fin dagli inizi sono generati da impulsi. Anche lui considerò le linee spezzate come un’espressione di aggressività mentre quelle rotondeggianti come espressione di dolcezza e comprensione. Egli ritenne però che solo nella fase dello “SCARABOCCHIO VERO E PROPRIO” si possa dare un significato psicologico completo agli stessi.
"Scarabocchio sadico-anale"
Fonte:"Corman (1966)"
Egli divide gli scarabocchi in diverse tipologie che appaiono in successione nel fanciullo:
  • Lo scarabocchio “SADICO-ANALE” è prodotto a partire dai 2 anni ed esprime l’omonima fase di crescita in cui il bambino tende all’aggressività e alla sporcizia. Esso tratta il foglio con violenza impugnando la matita come un’arma e tracciando linee con violenza fino a che non ha finito la punta della matita; in genere i maschi utilizzerebbero linee spezzate invece le femmine quelle arrotondate.
    Un’altra variante propria di questo periodo è lo scarabocchio sfumato creato sporcando il foglio in maniera “delicata” con effetto nebbia; esso presuppone una situazione di depressione del fanciullo forse scaturita da una repressione dell’aggressività.
  •   
    "Scarabocchio sublimazione"
    Fonte:"Corman (1966)
    A circa 3-4 anni il bambino sviluppa il controllo sfinterico e una certa obbedienza alle richieste degli educatori e al contempo sviluppa il rapporto edipico con i genitori. In questo periodo appare lo scarabocchio di “SUBLIMAZIONE” il quale indica che l’infante ha trovato un buon equilibrio tra le pulsioni vitali e le restrizioni date dall'ambiente familiare favorevole al bambino.
  • Al contrario sono invece gli scarabocchi di “RIMOZIONE” frutto di un’educazione rigida e sottomissiva, al punto che l’Io del bambino (cioè la parte che sovrintende alla realtà) domina gli istinti e i desideri generando un conflitto tra quest’ultimi che vorrebbero esprimersi e la necessità di controllarli data dalle imposizioRIMOZIONE” con colori tenui e sfumati.
    "Scarabocchio di rimozione e
     di cancellazione"
    Fonte:"Corman (1966)"
    ni a livello familiare; lo scarabocchio infatti è relegato a una parte del foglio e il nome è cancellato. Questo conflitto interno può portare nel bambino un forte senso di colpa che porta alla formazione invece di uno scarabocchio di “RIMOZIONE” con colori tenui e sfumati.
     
  • Questi conflitti tra l’Io e le pulsioni possono portare anche ad altri scarabocchi come lo scarabocchio “REATTIVO” dovuto a una reazione mentale difensiva ove il fanciullo sostituisce comportamenti scorretti con l’ordine, la pulizia e un senso del dovere, questi soggetti fanno fatica a produrre uno scarabocchio e se costretti possono addirittura fare una decorazione.
  • Ultimo e quello detto di “ISOLAMENTO” risultato di un ‘isolamento
    "Scarabocchio reattivo"
    Fonte:"Corman (1966)
    affettivo o di una vita affettiva assente o sotto il controllo rigidamente razionale.
"Scarabocchio di isolamento"
Fonte: "Corman (1966)"
Corman in base ai suoi studi elaborò oltre alle sue teorie anche un test, il “test di Corman” che seppure da non usare in modo rigido da delle linee guida generali per tradurre i comportamenti e la psiche attraverso l’espressione grafica.



sabato 1 ottobre 2016

Il mistero dell'evoluzione dello scarabocchio

 Buongiorno lettori!!!
Oggi in risposta alla domanda posta da Mauro descriverò l'evoluzione del disegno del bambino da zero a tre anni.
I primi studi risalgono a Burt durante gli anni '20, il quale individua quattro stadi: il primo riguardante la fase in cui il bambino utilizza la matita, il pennarello ecc. con movimenti principalmente muscolari; il secondo riguardante il piacere che prova il fanciullo nel lasciare il proprio segno; il terzo in cui il fanciullo si focalizza nell'imitare i movimenti degli adulti e infine il quarto stadio in cui il bambino cerca di riprodurre gli oggetti.
Altri studiosi, come ad esempio Lowenfeld e Brittain, negli anni 40 hanno valorizzato i segni grafici dei bambini.
Essi sostengono che quando il bambino comprende di essere l'origine delle sue tracce sulla superficie e ne prova piacere vuol dire che esso ha sviluppato una percezione fisica di sé come unità distinta dal mondo circostante, cioè dotata di volontà propria.
Essi suddividono lo sviluppo del disegno del bambino in due stadi: il primo è chiamato stadio dello “scarabocchio disordinato”: definito tale dalla mancanza di controllo da parte della vista sui movimenti; il secondo invece è lo stadio dello “scarabocchio controllato” in cui c'è un rapporto tra il controllo visivo dei movimenti della mano e il tracciato che il fanciullo vuole produrre. In questa fase il bambino proverebbe piacere nello sperimentare visibilmente il prodotto della propria attività.
Lowenfeld e Brittain sostengono che “ il bambino non ha alcun intento creativo oltre quello di muovere il pastello sulla carta. Tutta la sua gioia è determinata dalla sensazione cinestetica e dalla sua padronanza degli strumenti da disegno”.
Ma troviamo un altro studioso, cioè Winnicot, che negli anni 70 sostiene invece che questa creatività “appartiene all'essere vivi”, cioè “appartiene alle modalità che ha l'individuo di incontrarsi con la realtà esterna”.
Tutti questi modi di interpretare il disegno sono concordi nel mettere al centro il bambino che crescendo modifica ed evolve gli scarabocchi.
Un metodo radicalmente diverso è quello adottato dalla studiosa americana Rhoda Kellog negli anni 60, la quale estranea sia il bambino, sia il motivo per cui lo scarabocchio è stato creato definendoli prodotti di un azione spontanea non sottoposta a una volontà.
"I 20 scarabocchi di base"
Fonte:"Kellog (1969)"
Essa “scompone” il disegno in 20 scarabocchi di base sostenendo che, dai suoi studi, tutti i bambini a due anni li riescono a produrre. Secondo la Kellog questi elementi di base sono le fondamenta dello scarabocchio e anche quelli più complessi o addirittura quelli figurativi (nei quali si vede una figura) possono essere “smontati” nelle componenti di base.
Lo sviluppo dei prodotti grafici secondo la studiosa, è invece dovuto al modo che ha il bambino di posizionare il disegno rispetto al foglio, e sono chiamati “modelli di posizione” individuandone 17. Essi sono importanti in quanto richiedono controllo oculo-motorio e sono un segno di sviluppo artistico del bambino, fino ai tre anni.
Al terzo anno di età avviene un'ulteriore sviluppo denominato “diagramma rudimentale” cioè l'intreccio di linee che progressivamente forma il disegno, ed è un segno di sviluppo mentale in quanto al controllo oculo-motorio si aggiunge l'esercizio della memoria al fine di ricordare lo scarabocchio da creare e l'intenzionalità ossia la volontà di crearlo.
Tutti questi progressi sono dovuti principalmente a una grafica visiva, vista come stimolo primario al disegno cioè il bambino crea, scarabocchia, non perché imita ma perché è stimolato dal poter lasciare un segno nel mondo che lo circonda.


Fonte dati: F. Monti, R. Fava, B. Luppi, "Lo Scarabocchio al Nido", edizioni junior.


mercoledì 4 maggio 2016

L'evoluzione del disegno nella mente del bambino

 Quando il bambino incomincia ad associare un nome a quello che ha disegnato si nota un cambiamento dei segni che lascia nel foglio in cui non ci saranno più un insieme di linee di “passaggio” ma si incomincerà a vedere un qualcosa di più controllato.
Questo passaggio dell'attribuzione del termine è dovuta per una influenza del mondo esterno cioè per rispondere alle attese degli adulti davanti alla domanda, ad esempio, “cos'è questo?” riferendosi al segno appena fatto sul foglio.
Questa sua capacità di rispondere porta al fanciullo un grande entusiasmo perché si sente sollecitato dall'approvazione da parte dei genitori o da altri adulti.
Georges-Hemri Luquet sostiene che il bambino fin dall'inizio nei suoi grafiti è già orientato verso a un disegno figurativo cioè nel rappresentare gli oggetti reali.
Ma poi, intorno ai tre anni succede che il fanciullo si accorge in maniera causale che i suoi tracciati assomigliano a un oggetto reale e così il bambino incomincia a sentire l'importanza di denominare i suoi grafiti come se fosse un bisogno e questo porterebbe a una “preoccupazione rappresentativa”.
Questa assomiglianza causale, denominata come “realismo causale o fortuito”, non emerge secondo Widlocher (1965) “dalla forma in se stessa, ma da un'improvvisa e nuova capacità di trovare un'analogia fra una forma e un dato della percezione”.
Questa produzione causale, involontaria, porta al bambino andando avanti con il tempo a correggere il suo prodotto grafico aggiungendo particolari e dettagli ottenendo così una assomiglianza sempre più vicina all'oggetto reale arrivando a raggiungere un “realismo intenzionale”.
"Jean Piaget con bambino"
Fonte:"http://jeanpiagett.weebly.com"
Si sostiene che questa evoluzione grafica sia in corrispondenza con gli stadi evolutivi definiti da Piaget anche se oggi le ricerche non parlano più di stadi ma di finestre evolutive:
  • stadio del pensiero senso-motorio (0-18 mesi);
  • stadio del pensiero simbolico (18-36 mesi);
  • stadio del pensiero preoperatorio (3 anni - 6 anni);
  • stadio del pensiero operatorio concreto (6 anni – 12 anni).

Mi appresto ad approfondire i primi due stadi dell'intelligenza del bambino importanti per un maggiore approfondimento per la comprensione del disegno infantile nei primi tre anni.

LO STADIO DEL PENSIERO SENSO – MOTORIO:
Dalla nascita fino al primo anno e mezzo di vita, secondo Piaget, avviene la maturazione dell'intenzionalità senso – motoria.
L'organismo umano impara a elaborare le informazioni utilizzando i sensi e l'autonomia motoria acquisibile gradino dopo gradino.
Nei primissimi mesi di vita il corpo è un grande sensore attraverso la pelle, il tatto, raccoglie tantissime informazioni così pure la vista e il riconoscimento uditivo.
Attraverso questa esperienza sensoriale il cervello si forma.
Piaget divide questo primo periodo in sei sotto-stadi:
  1. ESERCIZIO DEI RIFLESSI : suzione, prensione, fonozione,palpebrale ecc.;
  2. REAZIONE CIRCOLARE PRIMARIA: avviene quando il bambino riproduce un'azione che ha prodotto un risultato piacevole. Essa si differenzia da quella secondaria sopratutto perché è fine a se stessa, non finalizzata a produrre risultati sul mondo esterno;
  3. REAZIONE CIRCOLARI SECONDARIA: il bambino inizia ad agire intenzionalmente sul mondo esterno, con una prima comprensione sui rapporti mezzi- fine. Non è finalizzata a se stessa, ma sul mondo esterno;
  4. COORDINAZIONE DEGLI SCHEMI D'AZIONE ACQUISITI E IL LORO IMPIEGO A SITUAZIONI NUOVE: primi comportamenti intenzionali veri e propri con comprensione dei rapporti mezzi-fine. Uno schema d'azione può essere utilizzato come mezzo per la realizzazione di un secondo schema d'azione;
  5. LA REAZIONE CIRCOLARE TERZIARIA E LA SCOPERTA DI NUOVI SCHEMI D'AZIONE MEDIANTE LA SPERIMENTAZIONE ATTIVA: il bambino inventa mezzi nuovi per mezzo di sperimentazione attiva e molto intensa è l' attività esplorativa;
  6. INVENZIONE DI MEZZI NUOVI MEDIANTE COMBINAZIONE MENTALE: il bambino è in grado di agire mentalmente ( azione interiorizzata) e di utilizzare immagini mentali.
Il bambino a 18 mesi riesce a lasciare traccia di sé traendone piacere questi segni che crea sono fini a sé stessi cioè vengono prodotti dal bambino solo per piacere senza secondi fini.

STADIO DEL PENSIERO SIMBOLICO:
Dai 18 ai 36 mesi avviene una delle modifiche qualitative più importanti dello sviluppo dell'intelligenza umana.
Piaget chiama questo delicatissimo stadio dell'evoluzione del pensiero della specie umana: il pensiero simbolico, cioè la capacità di elaborare pensieri in modo astratto.
Tre sono gli ambiti comportamentali in cui è possibile osservare questo cambio qualitativo:
  • LA COMPARSA DEL LINGUAGGIO;
  • IMITAZIONE DIFFERITA cioè il bambino è in grado di imitare ciò che ha fatto una persona alcune ore prima;
  • GIOCO SIMBOLICO cioè di giocare “facendo finta” che gli altri oggetti siano diversi da ciò che sono in realtà.
Il bambino dai due anni in poi è certamente in grado di rappresentare mediante una linea un oggetto della realtà. Il fatto che non vi sia corrispondenza formale tra prodotto grafico e un qualche oggetto, non significa che il bambino non sia in grado di immaginare le qualità delle linee riprodotte con riferimento ad un oggetto specifico. Forse il fanciullo non è interessato alle forme geometriche degli oggetti ma alle loro qualità dinamiche.

Alla fine di una corretta educazione e sviluppo mentale è consigliabile che gli educatori propongano in una prima fase delle attività pittoriche a scopo sensoriale, mentre in una seconda fase successiva, dovrebbero incentivare uno sviluppo del concetto “disegno-termine” attraverso sia la proposta del disegno al fanciullo ma soprattutto avanzando domande sul cosa il bambino ha disegnato cosicché esso dia un valore verbale ai suoi “segni”.    


Fonte dati: R.Vianello, G. Gini, S. Lanfranchi, "Psicologia dello sviluppo", edizioni junior.


   

sabato 16 aprile 2016

Il disegno, anello di congiunzione tra noi e la scimmia

"Scimmia che dipinge"
Fonte: "https://ippoghigno.
wordpress.com/2014/03/"

Se si osservano le prime rappresentazione grafiche del disegno del bambino si possono trovare similitudini con i comportamenti dei primati.
Essi tra di loro hanno in comune il piacere nel lasciare la propria traccia, provocato dal rapporto tra atto motorio e atto visivo che dipendono entrambi solo dal mondo interiore, cioè la propria volontà, e non da una ricompensa esterna.
L'evoluzione delle grafiche pittoriche del bambino e della scimmia avvengono attraverso due atteggiamenti: la ripetizione dello stesso tema permettendo così di migliorarlo sempre di più e il secondo riguarda la variazione del tema di partenza provando piacere di acquisire nuovi modi di espressione. Questa evoluzione avviene sia nel bambino che nei primati secondo un processo schematico simile perché il fanciullo e la scimmia adulta hanno alcune caratteristiche simili per quanto riguarda il sistema nervoso.

 
"Bambina che dipinge"
Fonte:"https://blog.pianetadonna.it/kirasworld/
i-diritti-dei-bambini-all-asilo-nido"


Ognuno dei due osserva l'ambiente e trae da esso spunti per il “disegno”, ma la differenza sostanziale riguarda la traduzione del concetto visivo del disegno in linguaggio, l'associazione disegno – termine che i primati non riescono a fare in quanto il loro linguaggio risulta molto limitato, invece il bambino a due anni e mezzo circa davanti alla domanda che gli viene posta “che cosa hai disegnato?” riesce a denominare a suo modo quello che ha rappresentato.











Fonte dati: F. Monti, R. Fava, B. Luppi, "Lo Scarabocchio al Nido", edizioni junior.

lunedì 4 aprile 2016

La Genesi del disegno nell'essere umano

In risposta alla domanda posta da Maria Vittoria pubblico questo post sperando non sia solo utile a una persona ma di interesse comune.
Una delle domande che ci possiamo porre potrebbe essere questa: “Ma come mai i bambini disegnano?”

"Bambina intenta al disegno"
Fonte: "http://mybimbo.it/2016/02/stabilo-woody-pennarelli/"

Bisogna, in primo luogo, comprendere che un bambino che disegna è un bambino che sta giocando con la sua mente e che pertanto, è impegnato in un'attività creativa.
Creare, come sostiene Martin Buber (1926) è l'attività più naturale dell'uomo per non dire l'istinto primordiale della vita che a tutt'oggi ci permette di risolvere i vari problemi che ci troviamo ad affrontare.
Il disegno può essere anche considerato come un gioco motorio accompagnato a una testimonianza che il bambino lascia nell'ambiente che esso associa ad un significato molto profondo ad esempio quello “dell'esserci nel mondo”.
Quindi il fanciullo sente questo desiderio di disegnare prima ancora di comprendere il senso linguistico e di una comunicazione intenzionale, ed esso è dato dal desiderio di lasciar traccia di sé.
I primi tracciati grafici del bambino li possiamo definire dunque, come un evento cinetico, che ha come unica intenzione quella di lasciare una traccia visiva, che provoca piacere motorio e visivo ed è generato “ da una sovrabbondanza di energia neuro-muscolare” e questo fa in modo che il fanciullo lasci segni, con entusiasmo, su ogni superficie che trova davanti a sé.
La possibilità di scarabocchiare è anche un esperienza percettiva e sensoriale che favorisce la scoperta di sé come essere intenzionale e differenziato dagli altri.
Questo aspetto molto importante per lo sviluppo è favorito da tutta una serie di esperienze, cioè i giochi di proto costruzione, nei quali il bambino modifica l'ambiente che lo circonda provando piacere e soddisfazione per i cambiamenti ottenuti.
Attraverso queste esperienze i bambini iniziano gradualmente a prendere conoscenza del proprio essere corporeo e del mondo esterno come “l'altro sé”, misurandosi con esso in rapporto alle loro possibilità e ai loro limiti.
Gli educatori in questa fase potranno incoraggiare i fanciulli, lasciandoli in primo luogo liberi di esprimere la propria creatività e voglia di esplorazione permettendo loro di utilizzare materiali che lasciano traccia nell'ambiente circostante come ad esempio tempere adatte alla propria età e anche materiali commestibili, lasciandoli liberi anche da impedimenti fisici come ad esempio i vestiti a tal fine è consigliato l'uso del solo body o del pannolone, in questo modo i bambini ampliano, come detto prima, la loro conoscenza dell'ambiente esterno e la consapevolezza della propria individualità rispetto agi altri.



Fonte dati: L. Chicco, "Progettare il fare al nido: un processo di cambiamento continuo", edizioni junior,
F. Monti, R. Fava, B. Luppi,"Lo Scarabocchio al Nido", edizioni junior.

sabato 26 marzo 2016

L'anacronismo del pensiero adulto a riguardo dello scarabocchio infantile

"Esempio di scarabocchio infantile"
Fonte:"http://latanadelkilimannaro.blogspot.it/
2011_11_01_archive.html"
Non siamo ancora in epoca in cui si valorizzano in modo completo i disegni del bambino.
La maggior parte delle persone adulte li considera ancora come se fossero degli scarabocchi senza senso infatti la definizione che ci danno i comuni vocabolari è questa: “ macchia di inchiostro; disegno fatto alla peggio”.
Lo “scarabocchio” però è molto di più di quello che si pensa, è lo specchio dell'animo del bambino che con esso cerca di sdrammatizzare o rendere meno duro un disagio patito o rendere ancora più potente un'emozione positiva.
Il disegno può servire come tramite tra il sé del bambino e il mondo esterno oppure servire come un modo per l'auto-esplorazione di se stesso.
Se guardiamo nel passato, l'idea del bambino “naturalmente artista” risale al Settecento, secolo in cui avviene la scoperta dell'infanzia, vista da Gian Battista Vico come l'età d'oro dell'arte.
Tutto il Romanticismo si sofferma nel ricercare le competenze del bambino considerandolo come colui che possiede “ l'occhio innocente” non ancora contaminato dalla ragione e riesce a guardare la bellezza ideale della natura ed è da questo secolo che si cercano le somiglianze tra l'arte primitiva e disegno infantile.
Dobbiamo pensare che queste grafiche artistiche del fanciullo non si sviluppano spontaneamente come ce lo immaginiamo, anzi al contrario esse sono atto del pensiero che va stimolato e richiede una tipologia di interpretazione che usi regole condivise. La stimolazione del pensiero consiste nella capacità di combinare in maniera nuova e modificandoli: oggetti, strumenti, situazioni, pensieri generando così una “sorpresa produttiva”, ossia il disegno.
Quindi in poche parole quello che vorrei sottolineare è che dobbiamo aprire i nostri orizzonti della definizione di Arte; non dobbiamo solo fare riferimento a quella Romantica legata al Bello cioè alla vera riproduzione realistica di qualcosa che sta nel mondo esterno.
Ma dobbiamo considerare che l'artista è colui che vive un preciso momento storico,cosi come il bambino vive in maniera unica il suo momento di crescita, combina la sua visione del mondo, i suoi processi di pensiero, le sue idee rendendole visibili simbolicamente e metaforicamente attraverso l'opera d'arte. In questo modo quando si osserva l'opera si può riuscire a trarre un processo mentale.
Si pensi quando si osserva ad esempio l'Arte Astratta, ci risulta incompressibile e a volte anche ironica ma questo avviene perché la guardiamo con un ottica in cui vogliamo trarre un significato oggettivo; invece quello che vorrei evidenziare è che il significato di queste opere va al di là di ciò che vediamo e quindi ci dovremo soffermare e domandarci qual è il loro significato “nascosto” e cosi dovrebbe succedere anche nelle opere dei bambini.

Quindi l'educatrice bisognerebbe abbandonasse i classici comportamenti che prevedono di insegnare al bambino come si fa, cioè come si disegna, come si dipinge, ma di lasciarlo libero di disegnare al fine di esprimersi senza restrizioni e infine di interpretare il suo disegno da un punto psicologico assegnandogli un significato senza coinvolgerlo.



Fonte dati: Luca Chicco,"Progettare il fare al nido:un processo di cambiamento continuo", edizioni junior.

Mi presento!!!

Salve a tutti!!!

Mi chiamo Giorgia e sto studiando per diventare educatrice della prima infanzia all'università di scienze dell'educazione e della formazione a Padova.
Ho creato questo blog per dare uno spunto di riflessione sul valore del disegno del bambino il quale viene considerato dalla stragrande maggioranza delle persone senza senso o comunque viene tenuto in poca considerazione, questo a fronte di studi molto approfonditi e accurati che dimostrano chiaramente il contrario.

Ho scelto il disegno del fanciulli in quanto mi affascina il loro modo di esprimersi che risulta molto più spontaneo di quello adulto, slegato dall'etica e dal bello come noi lo intendiamo.